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Irma, di Pasquale Vittoria

Era quasi il tramonto, ma il cielo era già nero.

L'uragano Irma danzava un ritmo lento.

Parole infuocate zoppicavano per le strade di Doverin, arruffate, distratte e indifferenti, e terminavano in abbracci di fango o urla di disperazione.

Corpi dilaniati dalle loro stesse anime, desiderose di uscire da un ammasso di carne e dolore.

La strada era un campo di battaglia.

Lacrime sporche scorrevano sul viso dei pochi che avevano la fortuna di versarle. L'odore di fiati, di sudore e di sciagura si mescolava, diffondendosi in una nuvola di cenere.

Il piccolo Denny s'avvinghiò al collo della madre, accorto a rimanere nascosto dietro le mura di una chiesa che gli promettevano riparo; ma nessuna promessa poteva essere mantenuta. Non quel giorno.

«Sono arrivati i cattivi, mamma?»

E il sangue si fece piombo.

La donna sospirò, cercando di sorridere. Aveva una gamba incastrata sotto un cumulo di macerie e l'anima in fiamme. Accarezzò il viso del piccolo. I suoi occhi... fiammelle tremolanti che illuminavano il buio, gli regalarono un refolo di serenità.

Trattenne le lacrime, sua mamma. Le trattenne così a lungo che riuscì a trasformare in frase ognuna di loro. Tuonavano tra l'incavo dei suoi occhi fino a esplodere e mescolarsi: mi dispiace, non sono riuscita a proteggerti, non sono una brava mamma... e gli occhi si gonfiavano sotto il peso di quelle gocce parlanti.

Ma una si fece spazio sgomitando in mezzo alle altre e venne fuori. Quattro parole: «Ci sono qua io!»

Era vero. Ed era ovvio. Ma il bambino sembrò accorgersene solo in quel preciso istante, tanto che si staccò dal collo della madre e cominciò a spostare le pietre che la tenevano incastrata, aiutato solo dalla forza che gli avevano dato quelle quattro parole.

Irma ululava e avanzava minaccioso, lentamente, con l'arroganza di chi voleva sfidare Dio. Denny si fermò a guardarlo. Immaginò quel vortice infernale come un'entità incorporea e fissò il punto dove secondo lui potevano esserci gli occhi. Strinse i pugni, strizzò gli occhi e gli lanciò la sua sfida.

Un boato annunciò il crollo dell'ala ovest della chiesa e la terra tremò sotto i piedi del piccolo.

Ma lui non si mosse.

Sguardo fisso sul nemico.

Denny formulava pensieri e li spediva al vento, perché venissero accolti da Irma, o forse da Dio, chissà... fatto sta che quella strana comunicazione non passò inosservata alla madre del bambino. E nemmeno al prete della chiesa dove erano rifugiati, spuntato dopo pochi secondi dall'ennesimo crollo, accompagnato da quattro fedeli.

Tutti rimasero interdetti a fissare quella scena.

Davanti ai loro occhi:

Un bambino.

Intento a sfidare la potenza di Dio.

O il suo opposto...




Per i successivi cinque secondi nessuno fiatò.

La mamma, inerme e rassegnata, chiuse gli occhi per non guardare la fine. E fu un peccato.

Già! Perché quando li riaprì era arrivata la fine, di tutto, e suo figlio era tornato a togliere pietre su pietre per liberarle la gamba.

Tra i pochi presenti si levò un brusio di esclamazioni e interrogativi.

«È incredibile!»

«Ma... avete visto?»

«Dio sia lodato!»

Ma la donna fissava suo figlio, incredula, e con gli occhi pieni di lacrime che stavolta lasciò scorrere copiose sul viso.

Poi girò lo sguardo, spingendolo più lontano che poté, in un canale di macerie che una volta era una strada, e scorse Irma fuggire, sconfitto, lasciando in cielo sfumature cremisi.

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