Il mondo è cambiato
Il plasma sembrava funzionare, infatti molte persone ricevendo una trasfusione avevano subito dei miglioramenti e i medici di questo erano entusiasti.
Anche Fedele, sebbene triste per la perdita del padre, è felice per la sua guarigione e ripete a tutti quanto sia importante donare il plasma per aiutare gli altri. Giorno dopo giorno il virus sembra colpire sempre di meno, gli ammalati diminuiscono e si ricomincia a sperare.
Il Governo quindi decide che si può gradatamente ritornare alla normalità, si può uscire con la mascherina e fare visita ai parenti. Si guarda attorno e vede la gente camminare per strada, quasi come una volta, ma a distanza l’uno dall’altro e con mascherine e guanti. Si rende conto che, anche se il pericolo lentamente passerà, il mondo non sarà più come una volta e ogni persona guarderà l’altra come un nemico perché possibile portatore di malattie.
Buon sangue non mente
Fedele, dopo questa brutta esperienza e dopo la perdita del padre, decide di dedicarsi allo studio della medicina. Vuole diventare come suo padre, vuole salvare vite, vuole essere un eroe, uno degli angeli che senza orari e senza risparmiarsi, hanno svolto il proprio dovere, aiutando il prossimo anche a rischio della propria vita. Sua madre è distrutta dal dolore e ancora soffre, ma sa che deve andare avanti, per Fedele e per se stessa. L’unica cosa che può aiutarla è il tempo, più tempo passa e più le ferite si rimarginano, anche se certe ferite non si rimarginano mai del tutto.
Come se nulla fosse stato
I contagiati continuano a diminuire e i guariti ad aumentare. La sera, prima di andare a letto, Fedele pensa che il sacrificio di suo padre Ettore non è stato totalmente inutile se la situazione sta piano piano rientrando.
Una mattina, chiede alla madre il permesso di uscire dicendo che in tal modo può svagare la mente e sentirsi meglio. Secondo Stefania è ancora rischioso, ma crede che in fondo ne abbia bisogno anche lei. Camminando per la città, notano che la maggior parte dei cittadini ha già dimenticato tutto: non prende nessuna precauzione, cammina in gruppo, non indossa la mascherine e si affolla davanti alle vetrine dei negozi. Fedele, davanti a tali comportamenti irrispettosi, rimane allibito e pensa che non è giusto nei confronti delle persone che come Ettore, ogni giorno, hanno rischiato la propria vita per salvare quella degli altri.
Pensa continuamente a suo padre, gli manca più dell'aria e la sera, prima di addormentarsi, cerca il suo sorriso nei ricordi.
Le giornate gli sembrano tristi e monotone, i suoi amici cercano di rallegrarlo con video-chiamate, ma lui non riusciva più a sorridere. Decide di scrivere una lettera a suo padre, per dirgli tutte le cose che non era riuscito a raccontargli quando era ancora in vita.
«Caro papà,
sono quasi due mesi che tu sei andato via senza darmi l'ultimo abbraccio, l'ultimo bacio, l'ultima carezza.
Mi manchi ogni giorno di più, ho perso il mio migliore amico, il mio consigliere, la persona di cui mi fidavo e che non mi avrebbe mai tradito.
Per quanto io voglia bene alla mamma, certe cose non potrei mai raccontargliele, non perché non mi fidi di lei, ma perché di certe cose riuscivo a parlare solo con te.
Mi manca parlare in giardino, con una tazza di cioccolata in mano, guardare l'alba oppure il tramonto insieme. Mi manca scherzare, mi manca la tua voce, mi mancano i tuoi abbracci, MI MANCHI TU.
Avevo pensato di trascorrere quest'estate in vacanza ai Caraibi, avevo già prenotato tutto. Ed ora non so cosa farne dei biglietti, non si può uscire di casa se non per necessità, eppure io una necessità ce l’ho. Ho bisogno di salutarti per bene, vorrei venire al cimitero per starti accanto, ma non ce lo hanno ancora permesso.
La mamma, quando ha saputo della tua morte è scoppiata in lacrime e si accasciata a terra scossa dai singhiozzi, mi sono seduto a terra vicino a lei senza dire una parola e l'ho abbracciata più forte che potevo. Cercava di dirmi qualcosa, ma era troppo scossa e non riusciva a dire le parole per intero, venivano spezzate dai singhiozzi.
Mi faceva male vederla così, le chiesi il motivo del suo pianto e lei mi rispose: "Il nostro eroe non ce l'ha fatta". Capii che questo virus avrebbe ucciso un quarto di popolazione e ci stava riuscendo.
Questo assassino invisibile ha ucciso te, il nostro eroe, e non potrò mai perdonarlo. Ho avuto anche io il virus, ero sul punto di arrendermi e lasciarmi andare tra le braccia di Dio, ma ho combattuto fino alla fine solo per darti giustizia, solo per vendicare la tua morte e diventare un medico bravo come te.
Mi ricordo quando eravamo in estate, la brezza estiva che ci colpiva il viso e tu mi dicevi:
“Figliolo, la vita non va sempre come vorremmo ed esistono i sentimenti e, belli o brutti che siano, bisogna farci i conti, anche se a volte fa male”.
Non riuscivo a capire perché mi dicevi quelle parole, ma oggi che tu non ci sei più comprendo cosa volevi dirmi.
Ti vorrò sempre bene papà, mi manchi da morire.
Con amore, Fedele»
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