In trincea
Arrivato in ospedale, indossa tutti i presidi necessari e prende le precauzioni possibili per evitare il contagio. Tanti dottori e infermieri fanno la stessa cosa, senza dire una parola, nascondendo paura e preoccupazione dietro la mascherina. Ovunque un via vai di medici e infermieri con tute, guanti, mascherine e visiere sugli occhi, la disperazione e il rammarico di essere arrivati in ritardo per salvare delle vite.
In mezzo a questa frenesia scorge da lontano il volto disperato del fratello Alberto, con il quale da un po’ di tempo non si vede e non si parla, ha voglia di abbracciarlo di corrergli incontro, ma si frena, perché sa che è un momento sbagliato.
Si informa e viene a sapere che è là perché è stata ricoverata la suocera: ha contratto il virus. Capisce che tutti i loro litigi, le loro incomprensioni sono all’improvviso annullate da tutto quel dolore, capisce che nella vita si deve vivere ogni attimo intensamente. Ricorda le piccole gelosie tra fratelli, che poi diventano grandi crescendo, la gelosia nei confronti del padre, che, inconsapevolmente, ha sempre coccolato di più Alberto, facendolo sentire meno importante se non escluso: in quei pochi attimi avrebbe dato tutto per tornare indietro e riavere i giorni dell’infanzia e della loro giovinezza.
Effettua i primi tamponi, la maggior parte dei quali risulteranno positivi. Moltissime persone sono affette dal Covid-19. Iniziano le prime visite sui pazienti, ma i medici vengono avvertiti che, a causa dell’aumento dei casi, non potranno tornare a casa e non si sa nemmeno se potranno farlo nei giorni seguenti. Allora Ettore, proprio come i suoi colleghi, avvisa a malincuore la famiglia e la tranquillizza come fa sempre, dopo la telefonata si guarda accanto e vede un suo collega, Luca, che, come lui, cerca di confortare sua moglie e i suoi figli. Gli si avvicina e gli dà una pacca sulla spalla, Luca lo guarda e dice: «Riusciremo a sopravvivere? I positivi aumentano sempre di più... non so se riuscirò a reggere ancora questa situazione… questi ritmi… ho paura... paura di morire, paura di lasciare la mia famiglia…».
Ettore lo interrompe e, guardandolo negli occhi, lo incoraggia: «Ehi, ce la devi fare, ce la dobbiamo fare non per noi, o per l'Italia intera, non solo, ma per chi ci aspetta a casa, sarà questo pensiero a farci andare avanti e non mollare mai». Insieme decidono di telefonare a un hotel vicino all’ospedale per prenotare una camera: è là che andranno a riposare, quando sarà possibile, per evitare di rischiare di contagiare le famiglie.
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